Che cos’è una crisi di panico?

L’ansia e il panico sono tra le manifestazioni psicologiche più diffuse dell’epoca contemporanea. L’essere umano non apprezza affatto la paura: la considera segno di debolezza da una parte e una sensazione da temere dall’altra; nonostante la paura sia l’emozione umana più utile, in quanto, ci allerta del pericolo, ricordandoci quanto siamo mortali e che per proteggerci dovremmo attaccare oppure fuggire. La paura ha diversi gradini di intensità prima di divenire panico. Si tratta di uno tsunami emotivo, un’onda gigantesca di paura che velocemente raggiunge il suo culmine: un cuore che sembra esplodere dentro il petto, una mano che stringe la gola impedendoci il respiro, capogiri, vampate di calore o al contrario brividi di freddo, tremori e dolori al petto. Per ultimi però, abbiamo lasciato i sintomi più rappresentativi e terrificanti: la paura di perdere il controllo o di “impazzire”, ovvero la percezione di perdere il controllo mentale e/o fisico “quando accade mi sembra di non avere il controllo di me stesso e delle mie azioni”. Un altro sintomo non raro è rappresentato dalla paura di morire: la sintomatologia che si è attivata spiana la strada alla percezione di un corpo che cede, che potrebbe spegnersi, ecco la paura di morire che ci raggiunge.

Come facciamo a combattere le nostre paure?

“Il vero demone è nel percepirsi” disse Eraclito (Eraclito, fr. B 119). Nulla spaventa più della paura stessa, dunque, la paura della paura. Quella prima esperienza di cuore che esplode, di gambe che tremano, di testa leggerissima, di fiato corto e di gambe tremanti hanno dato origine ad una sgradevole sensazione di perdere il controllo della nostra realtà, così, inizia la traduzione della nostra fisiologia come qualcosa di insensato, di pericoloso e da cui fuggire; invece, di considerarlo come un segnale del nostro organismo che vuole comunicarci di fare attenzione al troppo stress accumulato.

Dal pronto soccorso per placare l’immediata iperattivazione fisiologica alla prescrizione farmacologica quotidiana fino alla fuga per evitare la paura di riprovare la paura. Ai miei pazienti chiedo sempre se si interrogherebbero sul cuore che batte all’impazzata o sulle gambe tremanti se davanti a loro ci fosse una tigre pronti a sbranarli. In effetti, il perché sia accaduto, il timore che possa accadere ancora e cosa fare per evitarlo è ciò che logora. Paradossalmente, saranno proprio le nostre tentate soluzioni fallimentari che invece di risolvere il problema, genereranno quella sensazione d’ansia temuta, realizzando proprio la profezia iniziale.

Come si alimenta il disturbo da panico?

Le tentate soluzioni che la persona mette in atto in maniera reiterata se non risolvono il problema, contribuiscono proprio ad alimentarlo e strutturarlo. In effetti, chi teme la nuova crisi mette in atto una serie di azioni apparentemente protettive, tra cui:

  • Chiedere aiuto agli amici e familiari;
  • Evitare situazioni temute;
  • Parlarne di continuo;
  • Allontanare i pensieri;
  • Cercare di controllare la fisiologia.

Ognuno di questi copioni disfunzionali che applichiamo per cercare di risolvere il problema, non lo risolvono affatto, in realtà, lo mantengono e addirittura lo peggiorano. Einstein definì “la follia come il ripetere alla nausea la stessa azione aspettandosi dei risultati diversi”.

Come possiamo curare gli attacchi di panico?

Il metodo più efficace per combattere la paura è imparare ad evocarla: se scappi via dal fantasma lui ti insegue e quando riesce a raggiungerti, ti cattura… se, invece, ti giri, lo osservi e allunghi la mano, lui sparisce. Un antichissimo mito sumerico, nel libro La discesa agli inferi della dea Inanna/Ishtar racconta di come la dea dovette attraversare le tenebre scendendo negli inferi per ritrovare la luce. Il professor Giorgio Nardone dice che “la paura guardata in faccia diventa coraggio, la paura evitata diventa timor panico”. In tal senso, una delle strategie più efficaci è cercare deliberatamente e volontariamente di evocare le immagini temute esasperando volontariamente le sensazioni fisiologiche, ma, per un tempo circoscritto di 30 minuti, magari disteso comodamente sul letto.

Nel tentativo di smontare al più presto anche gli altri tentativi di soluzione disfunzionali, ai pazienti viene sempre indicato di interrompere ogni comunicazione del proprio malessere e qualsiasi richiesta di aiuto e di rassicurazione. Queste modalità di gestione del problema, infatti, apparentemente miracolose, in verità contribuiscono solamente a rendere la paura ancora più grande rimandando alla persona interessata di non essere in grado di farcela da sola.

 

 

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