Quando leggi le etichette di biscotti, snack e merendine, il nome olio di palma compare ancora spesso.

C’è chi lo evita con cura, convinto che faccia malissimo, e chi lo considera un grasso come tanti. La verità, come accade quasi sempre, sta nel mezzo.

Per capire se fa davvero male vale la pena scoprire come nasce, perché viene usato così tanto e quali sono i pro e i contro reali.

Da dove viene l’olio di palma?

frutto olio di palma

L’olio di palma si ricava dalla polpa del frutto della palma da olio, una pianta che cresce soprattutto nelle zone tropicali di Asia e Africa.

È un olio vegetale, ma ha una caratteristica che lo distingue da molti altri: contiene una quota alta di grassi saturi, intorno al 40-50 %. Per questo a temperatura ambiente è semi-solido e ha una lunga conservazione naturale.

Esiste anche una versione “rossa”, non raffinata, che conserva carotenoidi e vitamina E. Quella che finisce più spesso nei prodotti industriali è invece raffinata, lavorata ad alte temperature e quindi povera di nutrienti, ma più stabile e neutra nel gusto.

Perché l’industria alimentare lo ama

C’è una ragione semplice: costa meno rispetto a burro o altri oli vegetali e garantisce una resa tecnica difficile da eguagliare.

Regge bene le alte temperature, ha un sapore neutro e non ha bisogno di idrogenazione, il processo che crea i temuti grassi trans.

Per un biscotto che deve restare friabile sugli scaffali o per una crema spalmabile che non si separa, l’olio di palma è quasi perfetto. Per questo, nonostante le polemiche, continua a essere usato in molte ricette industriali.

I punti a favore

Detto così sembrerebbe il male assoluto, e invece qualche pregio c’è.

Nella forma non raffinata porta con sé antiossidanti naturali e carotenoidi che il corpo trasforma in vitamina A. In piccole quantità non è più pericoloso di altri grassi saturi e, se usato per friggere, resta stabile più a lungo di oli delicati come quello di semi di girasole.

In pratica, se il problema sono i grassi trans, l’olio di palma ne evita la formazione.

Dove nascono le critiche all’olio di palma

Il nodo principale è la quantità di grassi saturi. Se la tua dieta è già ricca di carne, formaggi o burro, aggiungere tanto olio di palma non aiuta il colesterolo.

Un consumo eccessivo può far salire l’LDL, il cosiddetto colesterolo “cattivo”, e aumentare il rischio cardiovascolare.

C’è poi il tema della raffinazione: per renderlo adatto all’industria si lavora ad alte temperature e, se il processo non è ben controllato, si possono creare sostanze indesiderate.

Negli ultimi anni i produttori hanno migliorato molto i metodi di estrazione, ma questo non significa che si possa mangiare senza limiti.

L’impatto ambientale

orango

Parlare di olio di palma senza citare l’ambiente sarebbe incompleto.

Per creare spazio alle piantagioni, in paesi come Indonesia e Malesia si sono abbattute foreste tropicali intere. Questo ha distrutto habitat di animali come gli oranghi e ha aumentato le emissioni di anidride carbonica.

Alcune aziende si stanno muovendo verso coltivazioni certificate e più sostenibili, ma il problema non è risolto. Quando compri un prodotto con olio di palma, anche l’origine e il tipo di filiera contano.

Come regolarsi nella vita di tutti i giorni

La domanda che tutti si fanno è sempre la stessa: “Fa male davvero?” La risposta è che dipende dalla quantità e dal contesto della tua dieta.

Se mangi ogni giorno snack industriali, merendine e fritti, l’apporto di grassi saturi sarà alto, che provengano dalla palma o dal burro. Se invece l’olio di palma entra in modo saltuario, dentro una dieta ricca di frutta, verdura, legumi e grassi buoni come l’olio extravergine di oliva, il rischio diventa minimo.
Un consiglio semplice è imparare a leggere le etichette: sapere quante volte al giorno assumi prodotti che lo contengono ti aiuta a tenere sotto controllo il totale dei grassi saturi.

Un altro accorgimento: se cucini in casa, puoi scegliere oli diversi in base alla preparazione. L’olio extravergine di oliva resta il più equilibrato per la salute, mentre l’olio di arachidi è ottimo per le fritture. In questo modo limiti l’uso di prodotti industriali e vari le fonti di grassi.

In conclusione, l’olio di palma ha lati positivi e negativi. Offre stabilità e costi ridotti all’industria alimentare, ma il suo contenuto di grassi saturi e l’impatto ecologico richiedono attenzione. Non devi bandirlo completamente, basta inserirlo con equilibrio nella tua alimentazione e fare acquisti più consapevoli. Questa è la scelta più realistica per la salute e per il pianeta, senza cadere in allarmismi o semplificazioni.