L’ipocondria è una paura invadente e generalizzata nei confronti delle malattie. La caratteristica particolare dell’ipocondria è la paura che cambia: il paziente ipocondriaco alterna periodi in cui la sua attenzione è tutta focalizzata su alcune paure e sintomi (ad esempio la paura di avere un tumore al cervello a causa dei continui mal di testa) ed altri in cui cambia il focus della paura (il sintomo del mal di pancia che genera la paura di un’infezione virale intestinale).

I sintomi possono essere focalizzati su singoli organi oppure su patologie e possono essere:

  • Dettagliati: dolori localizzati, nausea, tachicardia oppure
  • Aspecifici: sensazioni vaghe di stanchezza e fastidio.

Come funziona l’ipocondria?

Per comprendere meglio, potremmo dire che tutto ciò che accade nel corpo, ogni minima variazione dell’attività delle proprie funzioni corporee, come quelle cardiache, digerenti, respiratorie o sensazioni di dolori muscolo-articolari e/o degli apparati sensoriali come la vista e l’udito, terrorizzano la persona. La persona è in sofferenza più per le possibili conseguenze che deriverebbero dalla presenza di malattia associata ai sintomi che per la sofferenza fisica dovuta a tali sintomi.

Cosa può alimentare la paura delle malattie?

Come per le altre condizioni di disagio e di disturbo, diviene fondamentale comprendere cosa facciamo per affrontare e risolvere il problema, ovvero le nostre tentate soluzioni. In tal senso, è necessario comprendere cosa continuiamo a fare che non solo non funziona, ma, che con ripetizione insistente, contribuisce all’esacerbazione del problema stesso.  Di seguito, i più comuni tra i copioni disfunzionali:

  1. Dinanzi al loop mentale della paura di ammalarsi, la tentata soluzione primaria per risolvere la propria paura è rappresentata dall’attenzione verso tutti i segnali del corpo, vediamo infatti, uno stato di ipervigilanza rispetto a ciascuna sensazione corporea con esplorazioni tattili, cardiache e muscolo-scheletriche. Non è un caso che inizia un vero e proprio peregrinaggio tra le varie figure specialistiche alla ricerca delle conferme dei propri pensieri.

“…Ho letto su internet che il mal di testa frequente potrebbe essere causato da un tumore al cervello… i miei mal di testa mi svegliano di notte… cambiano quando cambio posizione… corrisponde tutto! Secondo me, i medici non sono stati in grado di vederlo. Devo andare da altri più bravi…”.

Conoscere il problema, lascia presagire che ne avremo il controllo, in tal senso, inizia la ricerca della rassicurazione diagnostica. Ecco, il caro Dr. Google, ovvero colui che con la sua promiscua disponibilità di informazioni è diventato l’esperto digitale. Alle visite diagnostiche, agli esami strumentali e alle consulenze specialistiche, si aggiungono le ricerche di informazioni mediche su internet per fare autodiagnosi. Così, partendo da un timore, grazie a Dr. Google potremo cercare tutte le info che confermano le nostre ipotesi e chiaramente senza pensiero contraddittorio, che metta in discussione la mia ipotesi, non potrò che confermare tutti i miei timori. La richiesta di rassicurazioni difatti, è la tentata soluzione che invece di risolvere il problema, se reiterata, contribuisce a mantenerlo.

“Talvolta con le migliori intenzioni, possiamo produrre gli effetti peggiori”

Quali sono i copioni da bloccare per non alimentare le nostre paure?

Tra le più rappresentative tentate soluzioni disfunzionali dei problemi ipocondriaci da bloccare troviamo:

  • Lo sfogo: la pura di ammalarsi diventa l’argomento abituale di conversazione. Lo sfogo liberatorio è quasi sempre un tentativo di ottenere rassicurazioni. Così, familiari, amici e partner sono tra i confidenti preferiti. Tuttavia, quando l’ansia cresce, la persona può arrivare a parlare delle proprie paure anche con conoscenti e/o estranei.
  • Il controllo sensoriale e percettivo: si tratta del continuo ascolto del proprio corpo e del continuo controllo fisico, alla ricerca di patologie e segnali allarmanti.
  • Gli evitamenti: si tratta di azioni preventive che dovrebbero proteggere dalla paura, come ad esempio evitare di fare sport per evitare il rischio cardiovascolare; evitare spostamenti per paura di trovarsi in luoghi lontani dall’ospedale. Evitare diviene così, un farmaco ansiolitico che produce nell’immediato l’effetto calmante. La tranquillità però è momentanea e illusoria.

Così, la paura di un male ci conduce a un male peggiore.

Nicolas Boileau