Il prelievo dei villi coriali, meglio conosciuto come villocentesi, è un esame invasivo, che consente di diagnosticare la presenza di eventuali anomalie genetiche o cromosomiche nel feto. Viene eseguito dopo la decima settimana di gravidanza.

Villocentesi: di cosa si tratta?

Il test consiste nel prelievo di alcuni frammenti di tessuto coriale, una sostanza situata nella placenta. I campioni vengono poi esaminati, allo scopo di ottenere maggiori informazioni circa la presenza di eventuali anomalie genetiche o cromosomiche a carico del feto. Il vantaggio principale del test in questione sta nella possibilità di poter essere effettuato prima dell’amniocentesi, in modo da ottenere una diagnosi precoce delle eventuali anomalie indicate poc’anzi.

Con la villocentesi è possibile ottenere diverse informazioni, tra cui:

  • la presenza di eventuali malattie genetiche (emofilia, fibrosi cistica, talassemia, ecc.), nel caso in cui esista il serio rischio che il feto possa esserne affetto;
  • il cariotipo fetale, che svela la struttura e il numero di cromosomi presenti nel feto e può essere utilizzato per diagnosticare anomalie gravi quali la presenza di trisomia 21 (meglio conosciuta come sindrome di Down);
  • la paternità del feto.

Chi dovrebbe sottoporsi a villocentesi?

Esistono alcuni casi in cui la villocentesi è consigliata dai medici. Nello specifico, dovrebbero sottoporsi a questo test:

  • le pazienti che presentano o che hanno concepito insieme a un uomo a elevato rischio di anomalie genetiche, in grado di tradursi in patologie quali emofilia, talassemia e fibrosi cistica;
  • le pazienti che presentano un rischio di anomalia cromosomica particolarmente elevato, dettato da fattori quali: età avanzata; parenti portatori di alterazioni cromosomiche; un aumentato rischio di patologie cromosomiche suggerito dai risultati dell’ecografia o dei test di screening; altri figli affetti da anomalie cromosomiche.

Le modalità della villocentesi

Chi si sottopone a villocentesi all’interno di una struttura pubblica può ottenere i risultati dopo una ventina di giorni dal test. In ambito privato, invece, è possibile riceverli anche prima.

Nella maggior parte dei casi, il prelievo viene effettuato per via transaddominale, attraverso l’inserimento di un ago nell’addome e sotto controllo ecografico. Meno diffuso il prelievo per via trans-cervicale, ovvero attraverso cervice uterina.

Affidabilità del test e rischi connessi

La villocentesi è un esame affidabile. Raramente (meno dell’1% dei casi segnalati) può accadere che non si riesca ad esaminare il materiale prelevato oppure che il test stesso fallisca. Spesso, tali inconvenienti dipendono dai medici che lavorano in laboratorio e non dalla fallibilità del test.

Molti laboratori privati e ospedali indicano un rischio di aborto nell’ordine dell’1/2% dei casi. A suggerire tale stima è il Ministero per la Salute italiano. Secondo i dati forniti dal Collegio Americano delle ostetriche e dei ginecologi, invece, il rischio di aborto in seguito a villocentesi sarebbe decisamente inferiore, con un’interruzione della gravidanza ogni 400/500 procedure. Infine, secondo il Collegio Reale delle ostetriche e dei ginecologi del Regno Unito, il rischio sarebbe nell’ordine dell’1/1,5%.

I problemi per la madre sono molto più rari. A parte qualche perdita di sangue e rarissime infezioni intrauterine perfettamente curabili, non sono mai stati riscontrati danni più gravi. In ogni caso, chi appartiene al gruppo sanguigno RH negativo dovrebbe sottoporsi a immunoprofilassi anti-D, onde prevenire possibili complicanze in occasione delle eventuali successive gravidanze.