La fosfatasi alcalina è una proteina che accelera alcune funzioni dell’organismo. Presente in tutto il corpo, ha una maggiore concentrazione all’interno di organi come il fegato, le ossa, i reni, l’intestino e la placenta. Valori anomali relativi alla concentrazione di questa sostanza nel sangue possono essere indice di patologie più o meno gravi. Queste a carico di uno o più organi o di interruzioni di normali ed essenziali processi. Il suo livello viene rilevato tramite un esame del sangue alla ricerca di marcatori specifici. È incluso all’interno delle analisi mirate al monitoraggio dello spettro metabolico completo.

Cos’è l’esame del sangue per la fosfatasi alcalina?

Il test della fosfatasi alcalina rileva la quantità e la concentrazione di questo enzima nel fluido ematico, che ne costituisce una delle fonti principali.
Tuttavia, la mera analisi del risultato del test non è in grado di determinare la natura della patologia scatenante. Essa può solo fornire indicazioni che dovranno essere interpretate per poter creare una terapia efficace.
Le tipologie principali di esami che possono essere effettuati per la misurazione di questo parametro sono due:

  • test ALP generale: è il tipo più comune e il suo obiettivo è rilevare solo il livello della proteina. Di solito, viene compreso in gruppi di analisi più ad ampio respiro, come la verifica epatica (LFT – Liver Function Test o HFT – Hepatic Function Test) e metabolica (CMP – Comprehensive Metabolic Panel).
  • test dell’isoenzima ALP: riesce a distinguere i vari tipi di fosfatasi alcalina basandosi su particolari biomarcatori collegati alla sua origine. Riesce a limitare il numero di possibili origini della malattia, ottimizzando il rapporto tra il tempo della diagnosi e la realizzazione di una terapia personalizzata vincente. Ciò per poter ottenere una risposta positiva al trattamento.

La scelta tra i due tipi di analisi dipende dalla loro cronologia. Il medico può optare per il secondo, in grado di andare più nel dettaglio nella rilevazione dei parametri, dopo avere notato un livello anomalo di ALP nel primo, poiché l’esame degli isoenzimi risulta più costoso e più impegnativo dal punto di vista tecnico.

Perché effettuare l’esame della fosfatasi alcalina?

Il soggetto verrà sottoposto al test della fosfatasi alcalina qualora il medico dovesse ritenere necessario un ausilio per la diagnosi di patologie a carico del fegato, delle ossa e dei condotti biliari. Inoltre, questo esame è indicato in tutti quei casi in cui occorre monitorarne i parametri per una valutazione ad ampio spettro della condizione fisica del paziente a fini preventivi. In quest’ultimo caso, denominato screening, gli operatori sanitari inseriscono l’esame dell’ALP in normali routine di controllo, anche durante o alla fine di un processo patologico in corso, per verificare se il quadro clinico è in miglioramento o meno.

Quando sottoporsi al test ALP?

Si analizza il livello di fosfatasi alcalina ogni volta che si sospetta una malattia del sistema epatico, scheletrico, urinario (con particolare attenzione ai reni) o di quello digerente (intestino e cistifellea).
Il diagnosta inizia vagliando i sintomi generali da lui accusati in sede di anamnesi, per poi restringere il campo. Questo per avere un insieme di dati più completo al fine di localizzare l’origine dei disturbi del paziente e valutarne il livello di gravità. Possono essere eseguite versioni più specifiche del test ALP, come quella della fosfatasi alcalina ossea (BAP – Bone Alkaline Phosphatase), mirata alla valutazione quantitativa dell’isoforma dell’osso.

L’importanza dell’interpretazione del livello di ALP

L’alfa fosfatasi è il biomarcatore che indirizza il sanitario verso l’individuazione delle cause del disturbo, ed i valori di riferimento sono:

  • adulti: da 33 a 96 unità per litro da 0,55 a 1,6 microcatali per litro.
  • bambini: valore inferiore a 350 u/l e inferiore a 5,8 μkat/l.
  • gravidanza (primo trimestre): da 17 a 88 u/l e da 0,28 a 1,47 μkat/l.
  • gravidanza (secondo trimestre): da 25 a 126 u/l da 0,42 a 2,1 μkat/l.
  • gravidanza (terzo trimestre): da 38 a 229 u/l e da 0,63 a 3,8 μkat/l.

La valutazione dell’intervallo di appartenenza della quantità di enzima presente fungerà da appoggio alla diagnosi di varie patologie. Tra queste, infezioni, fibromi, formazioni cancerose, sepsi e carenze di varie sostanze.